ROMA, 15 Aprile – Certe notizie non si vorrebbero mai dare. Se non altro perché hanno dell’assurdo. La morte di Morosini, ieri in campo contro il Pescara, ha messo di nuovo sotto shock il mondo del calcio, almeno italiano. E subito è sorta la domanda: giusto fermare il campionato nel rispetto di un decesso tanto incredibile? La risposta sarebbe scontata, eppure la decisione di Abete ha sollevato polemiche e disaccordi.
“E’ doveroso fermarsi. Serve un segnale forte, un momento di riflessione, davanti a questa tragedia. Non siamo solo calcio-business, dobbiamo e possiamo dimostrarlo. E se dovessero arrivare critiche, meglio che siano per eccesso di rispetto che per mancanza di rispetto”, ha giustamente dichiarato Abete. “Ora prevalgono l’amarezza e lo sconforto. Se nelle categorie professionistiche ci sono certe garanzie, decine di migliaia di ragazzi giocano nelle serie dilettantistiche con pochissimi controlli”, l’amaro appello del presidente dell’Assocalciatori Tommasi.
In molti ricordano con estremo dolore il 25enne del Livorno. “Sono sconvolto. Dico che la Federazioneha avuto una reazione di grande sensibilità”, le parole di Prandelli. “Un segnale che condivido in pieno. In caso contrario, l’idea di vedere in tv le immagini tragiche di Pescara, poi seguite magari da quelle dei gol delle partite mi mette i brividi. Non avrò così spazio per il mio stage? Non importa, non mi importa davvero”. “Me lo ricordo di una serietà, di una compostezza, di una educazione e di una serenità esemplari”, dice Ulivieri, che aveva allenato Morosini a Bologna. “Quel che è accaduto mi convince ancora di più della bontà del fatto di aver inserito, nelle materie obbligatorie per il patentino Uefa B, un corso di pronto intervento, compreso l’uso del defibrillatore”. Una tragedia da non ripetere mai più.
Luca Siliquini