ROMA, 27 Gennaio – Quella dello sterminio degli ebrei, non è una storia come tante. Non basta raccontarla perché diventerebbe solo un racconto commuovente. Per capirci di più, dovremmo rivivere, anche se al minimo, quelle orribili sensazioni. Ma ormai, “il danno è fatto” e non ci resta altro che continuare a ricordare, sperando che situazioni come quelle, non si verifichino mai più.
Ed è proprio questo l’obiettivo della mostra, che fino al 4 Marzo, sarà aperta al pubblico presso il Vittoriano. Il ministro della cultura Lorenzo Ornaghi, in particolare, ci tiene a precisarne la grande importanza didattica, e afferma:’Strumento assai valido contro il negazionismo”. Essa è divisa in quattro sezioni, ed è un viaggio all’interno di recinti spinati e grosse mura che hanno delimitato gli oltre 400 ghetti nati in Polonia, dopo la conquista tedesca. La rassegna è stata curata dal direttore scientifico della Fondazione Museo della Shoa di Roma Marcello Pezzetti e con Sara Berger e Bruno Vespa, ripropone con un allestimento di grande impatto emotivo, la sofferenza di chi ha vissuto sulla propria pelle la segregazione in Polonia, dal 1939 al 1944.
Oggetti, fotografie, giornali, documenti e filmati, prestati da musei e da associazioni di tutto il mondo dall’United States Holocaust Memorial Museum di Washington allo Yad Vachem di Gerusalemme e il Bundesarchiv di Berlino, hanno reso il tutto ancora più realistico ed emozionante. Ciò è quanto dichiarano i due storici Pezzetti e Berger:’occorre riflettere su come l’odio prodotto da anni di propaganda antisemita abbia causato in un tempo così breve un genocidio senza precedenti, la cui responsabilità non è ascrivibile solo ai tedeschi, ma a migliaia di uomini che vivevano in diversi paesi della civile Europa, orientale e occidentale”. La mostra è costata circa 250 milioni di euro ed è stata realizzata con il sostegno di Camera di Commercio di Roma, Bnl, Unicredit, Monte dei Paschi di Siena, Ferrovie dello Stato, Enel, Eni, Poste italiane. Essa è gratuita e già molte scolaresche si sono precipitate nelle prenotazioni.
Martina Morlè