ROMA, 20 Febbraio – Durante lo scorso Festival di Sanremo, il duo comico Luca e Paolo ci hanno scherzato sopra un bel po’ di volte, ma la Rete non scherza. Pomo della discordia è il famoso canone RAI e a creare polemica è l’iniziativa di farlo pagare a imprenditori e liberi professionisti che possiedono pc, tablet e smartphone con connessione a Internet. Il social network Twitter è il luogo virtuale dove il popolo della Rete si sta scatenando con feroci critiche e attacchi contro questa iniziativa. La campagna va sotto il nome dell’hashtag #raimerda, che nel giro di poche ore è diventato uno dei principali argomenti di tendenza del social network.
Il cosiddetto “canone speciale” nasce dall’applicazione di un regio decreto datato 21 febbraio 1938, il numero 246, che recita: “Chiunque detenga uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento”. Vien da sé che, oltre ai computer e gli smartphone, si adattano a questo decreto anche i videoregistratori, i tablet e i sistemi di videosorveglianza.
La denuncia è partita da Rete Imprese Italia, la quale rende noto che a seconda delle tipologie di imprese, si può arrivare a pagare dai 200 ai 6000 euro l’anno. Immediatamente RII ha contestato la norma e ha chiesto al governo di rivedere il testo del decreto così da escludere tutti gli strumenti che sono utilizzati a fini lavorativi. “E’ l’ennesima vergogna, l’ennesimo tentativo di scippo con destrezza che deve essere respinto al mittente”, commentano Federconsumatori e Adusbef. A sostenere la protesta, anche il mondo politico con feroci critiche che arrivano da tutte le parti del Parlamento.
Augusto D’Amante