ROMA, 7 Gennaio – L’azienda francese Pip (Poly Implant Prothesy), fondata nel 1991, e in liquidazione dal 2011, è ancora sotto accusa per la produzione e l’importazione di protesi mammarie difettose, ma non solo. Nei giorni scorsi a dare l’allarme è stata l’Afssaps, l’agenzia per la sicurezza sanitaria francese, dichiarando che le protesi mammarie prodotte negli ultimi nove anni dalla Pip, non siano completamente a norma. Esse conterrebbero al loro interno un silicone diverso da quello dichiarato, il quale provocherebbe il deteriorarsi anticipato della protesi in un tempo che è la metà di quello previsto, con la possibile rottura dell’involucro, il versamento di silicone non sicuro, e il rischio di infezioni e tumori.
Ma non finisce qui perché in pericolo non sono solo le donne. Secondo la testimonianza di due ex dipendenti dell’azienda, riportata sul quotidiano francese “Le Parisien”, lo stesso silicone industriale (quindi nocivo) trovato negli impianti mammari sarebbe stato utilizzato anche per fabbricare protesi per testicoli, natiche e pettorali destinate alla clientela maschile. “Il gel usato era quello sospetto, non conforme, già trovato nelle protesi mammarie”, ha dichiarato un ex operaio.
Il comitato medico che segue le vittime della Pip, in attesa di nuovi sviluppi, ha pubblicato una serie di dati allarmanti relativi alla questione: sono 1.143 gli impianti rotti e 495 le infiammazioni al seno che hanno reso necessario l’espianto. Finora, in Francia sono stati praticati 672 espianti e per le autorità sanitarie sono 20 i casi di cancro segnalati su donne portatrici delle protesi incriminate, di cui due mortali.
Emanuele Verdone