Calciatori sotto tiro, al Lazio la maglia nera

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L'Associazione Italiana Calciatori denuncia l'escalation di episodi di violenza

Il calcio come non l’avete mai visto, o forse come state imparando a vedere. Non certo quel calcio che tutti sognavano da bambini, quell’emozione di rincorrere un pallone a perdifiato. Dietro l’iceberg di un sogno si nasconde un mondo fatto di storture che nulla hanno a che fare con il calcio: violenze, minacce, daspo, insulti ed intimidazioni. L’Associazione Italiana Calciatori non ha voluto tacere questa amara realtà, pubblicando il rapporto “Calciatori sotto tiro”. I dati sono incontrovertibili, e delineano una brutta Italia: dalla serie A fino al calcio giovanile, le aggressioni nei confronti degli atleti sono salite del 125%. L’ultimo episodio “di colore” è avvenuto proprio durante un match della Lazio, che ha visto protagonisti i biancocelesti Biglia e Tounkara. L’argentino aveva risposto a sputi e intimidazioni di uno pseudo tifoso, e il “baby” attaccante era intervenuto in difesa del proprio capitano, e per poco non è nata una mini-rissa.
L’escalation di violenza si verifica sia dentro che fuori dagli stadi, a prescindere dalla presenza di minorenni. Non mancano furti, rapine e persino danni agli oggetti in possesso dei tesserati dei club: anche davanti alla notorietà non si prova pietà, figuriamoci se si può parlare di sensibilità di questi individui che non possono neppure essere definiti tifosi.

Il dato nudo e crudo è da allarme rosso. Come sottolinea l’Aic, nella stagione 2015/2016, sono state registrate 117 azioni violente, maturate nel corso di 83 situazioni. Gran parte di questi brutti episodi si verificano tra serie A e in Lega Pro. Non va meglio in cadetteria, dove accanto agli episodi più eclatanti come quelli di Ascoli e Avellino figura anche qualche episodio a Latina, Modena e Bari.

Quel che preoccupa maggiormente è il sensibile aumento di azioni e situazioni violente, che evidenziano una certa pressione costante nei confronti dei calciatori. Spesso la passione sfocia in patologia, ed è diventato sempre più frequente assistere ad episodi di violenza che oltrepassano di gran lunga la linea di decenza e che sono ben lontani dal concetto di “sfottò”, non considerando che spesso paura o buon senso spingono i calciatori e le società a non denunciare alle autorità competenti qualche episodio di peso inferiore.

Il Lazio non può certo sorridere, visto che la maggior parte delle violenze si sono registrate nelle province del centro Italia. La regione guida la “speciale” classifica con il 17% dei casi, seguita dalla Puglia – altra regione con un aumento considerevole di episodi violenti – e dalla Campania. Roma e le altre province del Lazio primeggiano anche per il numero di Daspo emessi a livello regionale durante il 2014-2015, seguire ancora da Puglia e Campania, a cui si aggiunge anche la Toscana. Vergognosa resta l’escalation di violenze nel calcio giovanile, a dimostrazione del fatto che molto spesso sono gli stessi parenti di chi scende in campo a vivere il calcio come una questione “vitale” e non come un gioco che fa divertire a prescindere da vincitori e vinti. Fa ancor più riflettere il dato che riguarda il numero di aggressioni che arrivano dai tifosi della propria squadra, che supera il 50% dei casi. La principale causa di questi brutti episodi di sport resta un risultato poco gradito in un match importante o un filotto negativo a cui non è seguita una reazione della squadra. Nulla, però, può giustificare il passaggio alle maniere forti, a maggior ragione se si parla di calcio. E sembra impensabile che nel 2015 si faccia ancora ricorso alla violenza, come accaduto a Formia.

Capitolo a parte merita infine la questione razziale. In Italia, a parte qualche episodio sporadico, la xenofobia negli stadi sembra essere stata accantonata. Restano ancora da risolvere alcune acredini legate al campanilismo estremo, che talvolta spinge anche a cori e striscioni estremi – vedi il “classico” Vesuvio lavali col fuoco rivolto alla tifoseria napoletana. Tutto questo è purtroppo un triste corollario al calcio che non vorremmo né vedere né tanto meno raccontare. L’unico modo per combattere questi atti vili è però non nascondere la testa sotto la sabbia, ma di appoggiare l’iniziativa dell’Aic per dire una volta per tutte no alla violenza nel calcio.

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