ROMA, 12 LUGLIO – Neanche quest’anno basteranno i posti negli asili nido comunali. La domanda supera di gran lunga l’offerta. Di nuovo, ne pagheranno le conseguenze le mamme lavoratrici. Secondo i dati forniti dal Comune di Roma su 11.398 posti messi a bando sono state ben 19.607 le domande avanzate per un totale di 8.615 bambini in lista d’attesa. Numeri che per il Comune di Roma sono “in linea con quelli dello scorso anno che poi, al netto delle effettive conferme, si sono ridotti di circa la metà”.
La conseguenza è che tante famiglie dovranno rivolgersi al servizio privato, arrivando a spendere anche 500 euro al mese e non perché non ci siano strutture. Il motivo è che molte di esse rimangono chiuse , come il nido Alfonso Gallo, per cui nelle scorse settimane le educatrici Usb hanno combattuto un’agguerrita battaglia, non è il solo nella lista. Come denuncia Caterina Fida, dell’Unione sindacale di base, “c’è il nido a Castel Verde di via Romero nell’VIII municipio, quello Maresciallo Giardino nel XVII, quelli in via dei Granai di Nerva nell’XI. E ancora. Via Valente nel VII, San Gregorio al Celio nel I municipio”. Tutti in ristrutturazione. “Ma non parliamo solo di numeri, qui si tratta di offerta formativa e di condizioni di lavoro delle educatrici”.
Inoltre, se venisse applicata la modifica della legge regionale n12 del 13 agosto 2011, ci sarebbe un’educatrice ogni sette bambini, mentre ora il rapporto è di una a sei. Con l’approvazione di questa modifica, si taglierebbero dal mondo del lavoro centinaia di precaria. Anche gli spazi a disposizione dei bambini subirebbe una limitazione :da dieci a sette metri quadri, cosa che aumenterà il numero degli iscritti per struttura, senza considerare che lo spazio è essenziale alla crescita di un bambino”.
È chiaro che la progressiva privatizzazione di queste strutture pubbliche non aiuta. Sempre secondo l’Unione sindacale di base, se nel Comune di Roma ci sono 203 asili a gestione diretta e 227 indiretta, ovvero convenzionati (strutture private a cui il comune fornisce una somma per ogni bambino ospitato che fa parte delle liste comunali), l’ultima sperimentazione è quella della concessione , quindi strutture pubbliche affidate per un numero determinato di anni ai privati che prendono una somma dal comune per gestirli (per ora si parla di 5 strutture). “Somma che secondo quanto dichiarato dal comune è inferiore a quanto speso con la gestione diretta e che quindi farebbe risparmiare le casse comunali. Peccato che con una conduzione privata di queste strutture sono le lavoratrici a pagarne il prezzo: in genere il salario diminuisce del 30-40% mentre aumenta invece la precarietà, i contratti a progetto, se non addirittura il lavoro nero”.
Marina Mignano