ROMA, 7 LUGLIO – Sanguinante e con un feto morto in una busta: queste le condizioni in cui una giovane nigeriana di 22 anni , soccorsa in via Manfredonia e poi portata all’ospedale Casilino. I medici le hanno subito prestato soccorso, constatato l’avvenuto aborto e chiamare la polizia. La ragazza, nigeriana ma residente nel campo nomadi di via Manfredonia al Quarticciolo, come confermano dalla questura, era nella ventesima settimana, ma nonostante questo avrebbe deciso di abortire con l’assunzioni di farmaci.
Subito dopo, avrebbe cominciato a star male ed ha abortito. In seguito si è accasciata in strada ed è stata soccorsa. Ai medici la donna, collaboratrice domestica con regolare permesso di soggiorno, si è limitata a dire di averlo «espulso» senza fornire altre spiegazioni. Ora la giovane si trova ricoverata nel reparto di Ginecologia del policlinico Casilino per tutti gli accertamenti del caso.
Il pm Maria Sabina Calabretta, titolare degli accertamenti, ha disposto una consulenza medico legale: Gianluca Marella, dell’università di Tor Vergata, dovrà accertare “attraverso l’esame esterno e attraverso l’esame necroscopico del feto, l’epoca, le cause ed i mezzi che hanno provocato il decesso del feto”.
Dalle prime verifiche degli esperti si ritiene che il feto avesse raggiunto la ventesima settimana. I risultati della consulenza saranno depositati entro 60 giorni. Alla luce dei risultati la posizione della donna potrebbe anche aggravarsi e contro lei potrebbe essere contestato l’infanticidio. Gli avvocati Gianluca Arrighi ed Emanuela Santarelli, che difendono la giovane nigeriana, hanno sottolineato che “l’accertamento tecnico va anche nell’interesse della signora e qualora, come crediamo, dovesse essere confermata la contestazione di procurato aborto, la pena che in questo caso la legge prevede per la donna è davvero minima e limitata ad una multa”.
Marina Mignano