ROMA, 24 Aprile – Davanti alla Corte d’Assise d’Appello, l’ex fidanzato di Simonetta Cesaroni, Raniero Busco, ha voluto ribadire la propria innocenza rivolgendosi ai giudici: “Sono a vostra disposizione e ho il bisogno di dirvi che volevo bene a Simonetta. Naturalmente non so come si sarebbe conclusa la nostra storia ma non ho mai pensato di farle del male” e ancora “da voi mi aspetto il riconoscimento della mia innocenza”.
Sull’uomo grava la condanna di ventiquattro anni di reclusione, in quanto giudicato responsabile dell’omicidio della ragazza romana di venti anni Simonetta Cesaroni, trovata morta a Roma il 7 agosto del 1990 nell’ufficio dell’Aiag di via Carlo Poma, presso cui lavorava come segretaria. Il procuratore generale Alberto Cozzella, durante il processo d’appello, ha chiesto che insieme alla conferma della sentenza di condanna emessa in primo grado nei riguardi di Busco, venga possibilmente condotta anche una perizia “degna di tale nome”.
Cozzella ha infatti contestato i risultati della maxi-perizia voluta dalla difesa di Busco, avente come oggetto l’ora della morte, le tracce del dna sul corpetto e il morso sul seno della vittima che stando agli esiti della perizia non coinciderebbe con le lesioni riportate sul cadavere all’altezza del seno. Al contrario, il procuratore ha affermato che “le tracce di dna sul corpetto sono un dato inconfutabile” e che “se contaminazione vi è stata, non ha riguardato le tracce di Busco che sono rimaste assolutamente visibili”, ribadendo ancora una volta che sul reggiseno e sul corpetto della donna “vi è il dna di Busco”. Questo giovedì verranno avanzate le richieste di parte civile, mentre venerdì ci saranno le repliche della difesa.
Vincenza Accardi