ROMA, 22 Marzo – Una maxiperizia degli esperti nominati dalla corta d’Assise d’Appello sembra ribaltare completamente l’esito della sentenza di primo grado. Il 26 gennaio 2011 Raniero Busco fu condannato a 24 anni di reclusione, con l’accusa di aver ucciso Simonetta Cesaroni con 29 coltellate. All’epoca dei fatti, che risalgono al 7 Agosto del 1990 a Roma, Busco era il fidanzato della vittima.
Come detto, l’ultima perizia presenta tre grandi novità: non è un morso la ferita sul capezzolo sinistro di Simonetta, sul corpetto della ragazza si distinguono il dna di tre uomini, viene spostato l’orario del delitto. Cadono quindi i capi dell’accusa che avevano portato alla condanna.
“Le due minime lesioni escoriative poste sulla base del capezzolo sinistro – si legge nella perizia – non sono in grado di configurare alcun morso, per cui restano di natura incerta». Le lesioni, per gli esperti «potrebbero essere di tutto”.
Sul corpetto della vittima si identificano “con certezza la presenza di dna di almeno tre soggetti maschili”. I campioni rilevati sul reggiseno sono invece attribuibili a Busco.
Secondo la perizia “la cronologia della morte si può collocare tra le 18 circa e le 19 circa”. Nella sentenza di primo grado i giudici avevano stabilito che il delitto era avvenuto tra le 17:15 e le 18:30.
“La perizia supporta la nostra tesi difensiva” esultano gli avvocati di Raniero Busco.” Non siamo ancora vicini all’assoluzione, il processo è tutto da discutere”. Secondo invece gli avvocati della famiglia Cesaroni “l’impianto accusatorio non cambia”, la perizia è piena di “forse” e di “potrebbe” e va tutta spiegata. “Bisogna aspettare che si esprimi la corte”.
Michele De Bellis