ROMA, 5 Marzo – Per qualche motivo, più o meno ogni derby porta con sé una macchia. Stavolta è toccato a Juan, ieri vittima di insulti razzisti durante Roma-Lazio. La scena è conosciuta, eppure sempre vergognosa. I “bu” ai danni del difensore brasiliano sono naturalmente ingiustificabili. Cose che dovrebbero appartenere al passato, e che invece si ripresentano in maniera imperterrita.
Pochi minuti dall’inizio del secondo tempo, i cori iniziano come una sorta di mantra. Il quarto uomo, Gianluca Rocchi, è il primo ad accogliere le motivate lamentele del giocatore, che si ferma e signorilmente zittisce tutti quanti portando l’indice alla punta del naso. La società biancoceleste verrà ritenuta responsabile del gesto, secondo le norme vigenti.
Al di là del danno economico balza agli occhi il greve e dannoso atto che una volta di più contribuirà a sporcare l’immagine del club. “Voglio sottolineare che ho rispetto per i tifosi e per i giocatori della Lazio, ma ho fatto quel gesto solo perché ho sentito quei buu: non mi è piaciuto. Mi dispiace più per loro che per me, perché io ho la personalità per stare tranquillo e sereno. Non mi era mai capitato a Roma e nemmeno in Germania o in Brasile. Mi dispiace tantissimo anche perché prima della partita siamo entrati tutti con la maglia contro il razzismo”. Già, la maglia contro il razzismo, un’iniziativa che dovrebbe far riflettere e che invece si dimostra soltanto uno spunto ulteriore allo scontro, all’inutile sfottò.
“Lascia perdere, prova a stare tranquillo…”, le immediate parole di Klose, Dias e Matuzalem. Certo non è facile.
Luca Siliquini