ROMA, 1 Marzo – Viveva in una stanza chiuso a chiave dalla sua stessa famiglia il ragazzo 30 enne ritrovato stamattina in via del Pigneto. Allarmati da una lite, i vicini hanno chiamato gli agenti del Commissariato di Porta Maggiore che, una volta arrivati sul posto, hanno scoperto “la gabbia” piena di escrementi e sbarrata con lastre di ferro. Il giovane è stato portato al reparto di psichiatria dell’ospedale San Giovanni.
IL CASO
A causa di alcuni disturbi mentali, il ragazzo viveva da tempo ignoto rinchiuso in una piccola stanza della casa di famiglia: porta chiusa dall’esterno, nessuna finestra, il pavimento ricoperto di escrementi. Nell’appartamento di via del Pigneto vivevano altre quattro persone: la madre del ragazzo, la zia, il fratello con la compagna e il figlio di 4 mesi. La ragazza, 22 anni, è stata affidata ai servizi sociali mentre il neonato è stato portato in una casa famiglia. Dopo l’intervento della polizia, motivato da quella che sembrava essere una banale lite familiare, il Commissariato di Porta Maggiore ha aperto un’indagine per stabilire le responsabilità di ciascuno dei familiari coinvolti nella vicenda.
LA LEGGE BASAGLIA
In Italia, il quadro legislativo che regola l’assistenza alle persone con disturbi psichici è stato modificato nel 1978 dalla discussa Legge 180, meglio conosciuta come “Legge Basaglia” che riformò profondamente la sanità italiana: vietati l’internamento in manicomi e la costruzione di nuovi ospedali psichiatrici, si stabilisce la volontarietà degli accertamenti e dei trattamenti sanitari. Resta possibile il ricovero volontario nei reparti di psichiatria degli Ospedali Generici e viene inoltre istituito il Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) nel caso di inconsapevolezza della malattia. Con la stessa legge si riformò il codice civile eliminando l’interdizione e il non diritto al voto per i malati di mente.
Matilde Cristofoli