ROMA, 24 Febbraio – Continua l’“operazione trasparenza” condotta dal governo Monti. Dopo la pubblicazione online dei redditi dei ministri, questa volta a finire sotto i riflettori sono gli stipendi dei manager pubblici. E che stipendi. Dall’elenco consegnato dal ministro della Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi alle commissioni Affari costituzionali e Lavoro della Camera, emerge che sono più di 60 i “supermanager” della Pubblica Amministrazione con guadagni superiori ai 294 mila euro, il tetto massimo degli stipendi pubblici introdotto dal decreto salva-Italia.
Nella classifica delle buste paga più ricche, al primo posto si colloca il Capo della Polizia Antonio Manganelli, che nel 2011 ha percepito 621.253,75 euro. Sul podio anche il Ragioniere generale dello Stato Mario Canzio, con 562.331,86 euro e il Capo Dipartimento amministrazione penitenziaria Franco Ionta, con 543.954,42 euro. Guadagni superiori ai 500 mila euro anche per il quarto classificato, il Capo Gabinetto del ministero dell’Economia Vincenzo Fortunato, la cui busta paga ammonta a 536.906,98 euro. Non se la passano tanto male nemmeno il Capo di Stato maggiore della Difesa Biagio Abrate (482.019,26 euro), il presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella e il presidente dell’autorità per l’Energia Guido Pier Paolo Bortoni (a pari merito con 475.643 euro). Questi i dati emersi dalla sintesi delle informazioni raccolte dal ministro della funzione pubblica. Ma l’elenco in questione risente di numerose lacune, come ammette lo stesso Patroni Griffi. Tanto per cominciare, “le retribuzioni indicate non tengono conto del cumulo di altri incarichi”.
Non è perciò dato sapere il reale guadagno di quei manager pubblici che cumulano più incarichi. Inoltre, nella lista non compaiono i benefit, perché non risultano dalla retribuzione da contratto. Il ministro sottolinea però l’importanza di comunicare al Parlamento la prima tranche di dati, anche se incompleti, perché “era meglio cominciare, in tre giorni non avrei potuto avere di più”. Su questi dati le Commissioni della Camera, chiamate ad esprimere un parere entro il 29 febbraio, potranno intanto lavorare per rendere operativo il tetto massimo per gli stipendi pubblici fissato dal decreto salva-Italia a 294 mila euro (la retribuzione del primo presidente della Corte di Cassazione). Molti degli stipendi dei “supermanager” potrebbero perciò subire una sforbiciata, che di certo non risulterà gradita ai diretti interessati. D’altra parte, che i nostri dirigenti pubblici siano tra i più pagati al mondo ce lo dice anche l’Ocse, che nel suo ultimo rapporto (2009) stimava intorno ai 400 mila dollari annui la media degli stipendi dei manager italiani.
Francesca Garreffa