Martone e la sua frase “sfigata” sulla laurea a 28 anni

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ROMA, 27 Gennaio – Sembrava ormai lontana l’epoca in cui ministri e politici con scarsa perspicacia si lasciavano andare con una certa ingenuità ad esternazioni estemporanee e per molti versi offensive, per poi fare marcia indietro e cercare di correggere il tiro dopo essere stati travolti da ondate di critiche. Sembrava che la tanto decantata “sobrietà”, divenuta parola d’ordine del nuovo governo, avesse ormai seppellito tutte le uscite infelici cui eravamo stati abituati negli ultimi anni. Invece, neppure il governo del Professore è risultato immune da spiacevoli attacchi alla Brunetta.

A pronunciare la frase della discordia è stato questa volta Michel Martone, viceministro al Lavoro e alle Politiche sociali, nel corso della sua prima uscita pubblica. “Se a 28 anni non sei ancora laureato sei uno sfigato. Bisogna dare messaggi chiari ai giovani” ha detto Martone intervenendo ad un convegno promosso dalla Regione Lazio sul tema dell’apprendistato. Parole che non sono certo passate inosservate, a giudicare dalla forte ondata di indignazione che hanno scatenato soprattutto nel popolo del web. Durissime anche le critiche provenienti dal mondo politico che, quasi senza eccezioni, ha preso le distanze dai giudizi espressi dal viceministro. Ma sono soprattutto loro, gli ex “bamboccioni” declassati al rango di “sfigati”, a scagliarsi contro una sentenza ritenuta da più parti superficiale e grossolana perché fa di tutta l’erba un fascio, senza distinguere tra chi ha impiegato più anni del previsto per laurearsi perché semplicemente parcheggiato nelle aule universitarie a spese dei genitori e chi invece – e sono in molti – in quegli stessi anni lavorava per pagarsi gli studi oppure perché – e può capitare anche questo – ha avuto a che fare con problemi di diverso genere che non gli hanno consentito di rispettare i tempi canonici per conseguire la laurea. D’altronde, non tutti hanno avuto la fortuna di nascere in una famiglia con consistenti disponibilità economiche che, oltretutto, è in grado di indirizzarti verso la carriera giusta e può metterti a disposizione un discreto numero di contatti politici. Pur non volendo essere maligni a tutti i costi, e senza entrare nel dettaglio, basta cercare su internet la biografia del viceministro per essere assaliti dal sospetto che nella carriera lampo dell’“enfant prodige” del governo Monti – laureato a 23 anni, professore a 29 e viceministro a 37 – di prodigioso ci sia ben poco. Per carità la bravura conta e non va sottovalutata, ma a volte non è tutto.

Dal canto suo, Michel Martone, corre ai ripari e cerca di smorzare i toni della polemica con un parziale marcia indietro: “Ci tengo a chiarire che non mi riferivo a tutti quei ragazzi che per necessità, per problemi di famiglia o di salute o perché devono lavorare per pagarsi gli studi, sono costretti a laurearsi fuori corso” si affretta a dichiarare il viceministro, che aggiunge: “Mi rivolgo piuttosto a tutti quegli studenti che, pur vivendo a casa con i genitori e non avendo avuto particolari problemi, si laureano «comodamente» dopo i 28 anni.” Precisazioni che però non sono valse a placare le polemiche. Il viceministro ha infatti ammesso di non essere pentito di aver usato il termine “sfigato” perché ne è convinto. Quindi, chi ha superato la soglia dei 28 anni senza essersi laureato, resta irrimediabilmente uno “sfigato”. Non c’è giustificazione che tenga.

Lasciando da parte l’ironia che se ne potrebbe fare al riguardo, il problema dei fuoricorso, della mancata integrazione del mondo dell’università e del lavoro, dell’età dei nostri laureati che supera di gran lunga la media europea, sono tutti problemi reali, derivanti soprattutto da carenze e malfunzionamenti del sistema universitario italiano. Ha ragione Martone quando dice che ha “toccato un tasto dolente, un nervo scoperto”.

Insulti e facili generalizzazioni, tuttavia, oltre ad essere controproducenti, non possono in nessun modo fornire le risposte appropriate al problema.

Francesca Garreffa

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