PALERMO, 29 AGOSTO – Anche quest’anno la città di Palermo ha deciso di lanciare il suo chiaro appello contro la mafia e nell’atmosfera di un’impercettibile mutata coscienza sociale, ha dato luogo all’ormai consueta commemorazione dell’imprenditore Libero Grassi , ucciso il 20 agosto di 21 anni fa, in via Alfieri da Cosa Nostra, per una sua feroce opposizione al pagamento del pizzo. Antifascista per famiglia di origine, Libero Grassi fu un uomo che manifestò le sue qualità dapprima come commerciante, poi come imprenditore di professione e poi anche come politico, anche se il suo ingresso fu dominato dalla passione e dalla sua continua lotta contro l’oppressione del racket.
“Uno splendente esempio di virtù civica” così lo definisce Schifani in un messaggio inviato alla famiglia Grassi in occasione del memoriale. La lotta di Libero Grassi contro il pizzo iniziò a metà degli anni ’80 con palesi minacce telefoniche. La sua iniziale e rigida reticenza fu da egli stesso scontata con il rapimento del suo cane, Dick, restituitogli poi morente. In quel periodo, la sua azienda era l’obiettivo di una famelica mafia dal momento che fatturava all’anno 7 miliardi di lire.
Fu per l’entità cospicua del fatturato che i tentativi estorsivi proseguirono con una fallimentare rapina delle paghe dei suoi sottoposti. Esasperato dalle pressioni e conscio delle sue azioni, Libero Grassi decise poi di firmare la sua condanna a morte. Inviò infatti una lettera al Giornale di Sicilia, il 10 gennaio 1991, in cui avvertiva pubblicamente i suoi estorsori che non avrebbe pagato la cifra allora richiestagli, 50 milioni, dal momento che non aveva nessuna intenzione di entrare nello schema successivo che sarebbe sicuramente seguito, ovvero il pagamento di una retta mensile che avrebbe depauperato la sua azienda nonché, costretto al fallimento. Citava poi apertamente i suoi nemici, ribadendo che sarebbe stato sempre contro il geometra Anzalone e tutti quelli come lui.
E’ sulla scia dei riferimenti storici, che oggi si consuma la sua commemorazione. Vernice rossa spruzzata sul marciapiede, due corone di fiori appoggiate al muro, commissionate dal Comune e dalla Regione e infine il manifesto, scritto di pugno dalla figlia Alice. Apposto nel corso della celebrazione da vent’anni, su di esso si legge:” Qui è stato assassinato Libero Grassi, imprenditore, uomo coraggioso, ucciso dalla mafia, dall’omertà, dall’associazione degli industriali, dall’indifferenza dei partiti, dall’assenza dello Stato”.
Ed è proprio a questo punto che le nostre parole, pronunciate o scritte che siano, diventano superflue.
Filice Alessandra