ROMA 24 LUGLIO – La schizofrenia parlamentare continua e si formalizza in votazioni che palesano quanto non ci sia mai la volontà di operare per il bene comune. Appena ieri infatti, l’aula si è dimostrata compatta come non mai contro la modifica dell’art 67 della Costituzione italiana che sancisce l’assenza del vincolo di mandato per garantire il libero esercizio delle funzioni parlamentari.
L’articolo in questione fu elaborato nel clima post fascismo per debellare gli infiniti condizionamenti che avevano dominato la politica sino a quel momento. La logica sottostante l’articolo filava quanto la sua ragione giustificativa. Solo successivamente sono subentrate le storture e quello stesso articolo, che aveva una funzione di garanzia della libertà circa lo svolgimento del mandato, è diventato un pretesto per la mobilità parlamentare. Una mobilità che non accenna a diminuire a quanto pare.
Il senato, compatto e fiero, come non lo è mai nelle occasioni legislative in cui dovrebbe esserlo, con 233 voti contrari e solo 45 favorevoli, ha bocciato un emendamento proposto dal senatore del Pd Roberto Della Seta che probabilmente avrebbe contribuito ad arginare il fenomeno. Quest’ultimo aveva infatti proposto di deliberare l’emendamento che è stato poi bocciato e fare in modo che attraverso esso i parlamentari trovassero soluzioni più adeguate qualora non si fossero trovati più in linea con il partito di appartenenza. Per il senatore erano sicuramente da escludere soluzioni simili a quelle sin ora adottate con selvaggia nonchalance, come il cambio totale di casacca o la costituzione di un gruppo partitico nuovo. Ammessa invece, come possibilità residua di riciclo, il passaggio al Gruppo Misto.
L’obiettivo dell’emendamento era quello di arginare una volta e per tutte un fenomeno disastroso e avvilente che, solo volendo prendere come campione questa legislatura, ha assunto dimensioni bibliche superando i cento casi e configurando un rapporto di 1 a 10 sul totale degli eletti. Solo per immergerci una tantum nella realtà, non possiamo non constatare che,ad aggiudicarsi il titolo di campioni di rimpiattino tessere, figurano: Giorgio La Malfa, protagonista di almeno dieci mandati, ha girato come una trottola impazzita tra il Gruppo Misto, i liberaldemocratici, il Pdl, Il Gruppo Misto di nuovo e ha poi tentato un’alleanza di centro con Francesco Nucara e Francesco Pionati.
A seguire, Roberto Rosso, politico prima in seno alla D.C, passa a Forza Italia, PdL e Futuro e Libertà. Senza pudore ritorna poi al PdL vantando a gran voce la seguente giustificazione: ”Rientro nella maggioranza perché ho uno zio salesiano e Berlusconi è andato ai salesiani”. Non sono da meno purtroppo, neanche le affermazioni di un certo Bruno Cesario, ex Pd, ex Api, entrato poi a far parte del gruppo dei Responsabili, mercenario sfacciato, ammette di essere una macchina di voti e ti portare la vittoria a chi gliela chiede.
E infine, perchè non considerare le triplette (PdL-FLI-Gruppo Misto) di Giampiero Catone, Silvano Moffa, Catia Polidori e Maria Grazia Siliquini? Un quadro devastante seppur nella menzione di pochi esempi pratici;agghiacciante a tal punto da svilire l’ipotesi contraria che si schiera a favore della bocciatura perché vede in un’eventuale approvazione dell’emendamento, un passo in più per introdurre il vincolo di mandato e rendere così un parlamentare soggiogato alle direttive del suo partito di appartenenza soprattutto nel corso di votazioni che possono incidere sull’indirizzo politico.
Il fenomeno dei voltagabbana, soprattutto post fallimento dell’emendamento, richiede soluzioni reali, complesse e diversificate. In linea generale quindi, premesso che si dovrebbe sancire il principio secondo il quale ogni partito vale quanto la percentuale di voti che ha ottenuto, per arginare la mobilità parlamentare, probabilmente sarebbe opportuno più abolire il voto di fiducia al governo. In tal modo si consentirebbe non solo che un governo eletto direttamente dal popolo abbia solo quest’ultimo come suo interlocutore privilegiato ma si favorirebbe anche il formarsi di maggioranze in Parlamento su ogni singola legge e non sul sostegno al governo, perché è proprio questo passaggio che agevola le logiche corporativistiche, impedisce la formazione di una realtà politica duratura capace di veicolare il consenso e fa del parlamento il centro della raccolta delle scomposizioni politiche.
Il fenomeno dei transfughi tradisce l’elettorato in tutti i sensi svilendo il potere-dovere insito nel voto, getta fiumi di discredito sulla politica e sfiducia i cittadini ad oltranza.
Alessandra Filice