BOLOGNA, 8 Maggio – È accaduto ieri pomerggio, intorno alle 18.00, in zona San Donato. Un commerciante di 48 anni si è tolto la vita impiccandosi nel retrobottega del negozio di ricambi per elettrodomestici di cui era co-titolare, sito in via Duse. A trovare il cadavere è stata la madre, insieme ad un biglietto scritto dall’uomo prima di impiccarsi, dove si scusa con i suoi cari per il gesto estremo che stava per compiere. Adesso si cercano le possibili cause.
Il Procuratore Valter Giovannini, che indaga sulla vicenda, ha rilasciato la seguente dichiarazione: “non è possibile ancora formulare alcuna ipotesi sulle motivazioni del gesto”. Tuttavia secondo le prime ricostruzioni della polizia è emerso che il commerciante aveva abusato in passato di alcol ed antidepressivi e che aveva pendenze con Equitalia per circa 20.000 euro. A conferma della disastrosa situazione economica dell’uomo è stata una lite, avvenuta proprio questa mattina, con uno dei condomini dello stabile in cui risiedeva. Il motivo della discussione è stato il mancato pagamento da parte del commerciante di diverse rata per le spese condominiali. Per tale insolvenza il negoziante si era giustificato lamentandosi di aver ricevuto una cartella da Equitalia che non era in grado di pagare.
Se la causa del suicidio per problemi economici dovuti alla crisi fosse accertata, si tratterebbe del trentaquattresimo caso dall’inizio del 2012, ed il secondo nella provincia Emiliana. Non dimentichiamo Giuseppe Campaniello, l’artigiano di Ozzano che si era dato fuoco davanti al tribunale dell’Agenzia delle entrate lo scorso 28 marzo. E proprio la moglie di quest’ultimo, appresa la notizia del suicidio dell’imprenditore bolognese, commenta la vicenda con queste parole: “Che vergogna – ha detto -. non per lui, per questo Stato. Aveva la mia età, non ho parole. E’ ora che lo Stato faccia un mea culpa ma soprattutto che trovi un rimedio. Il lavoratore deve sentirsi protetto. Cosa dobbiamo fare, sennò, impiccarci e darci fuoco tutti?”
Carlo Sangalli, presidente di ConfCommercio, si unisce all’appello che le famiglie delle “vittime della crisi” rivolgono allo Stato: “Questi episodi così drammatici sono il segno di quanto la recessione stia mettendo in ginocchio le imprese, soprattutto quelle che vivono di domanda interna. Episodi che testimoniano la disperazione di quegli imprenditori che non riescono più a vedere una prospettiva diversa rispetto a quella della chiusura della propria attività”.
Antonia Silvestro