A Servizio Pubblico di Santoro parla Angelo Provenzano: "Sono fiero di mio padre"

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ROMA, 16 Marzo – Per la prima volta ieri sera, durante la trasmissione Servizio Pubblico di Michele Santoro, è andato in video Angelo Provenzano, figlio dell’ex capo di Cosa Nostra, ed è stato intervistato da Dina Lauricella. “La verità processuale dice che mio padre è stato il capo di Cosa Nostra. Certo, a pensare che oggi, a distanza di 20 anni dalle stragi, sui giornali si sta parlando di revisione, dobbiamo riscrivere qualche verità a questo punto”, sono le parole del 36enne, primogenito della famiglia dei corleonesi. Molto sicuro di se durante l’intervista, Angelo Provenzano si dice “fiero di suo padre” e racconta gli anni della sua “latitanza” condivisi con il fratello: “Ho vissuto in un reality show, essere figlio di una persona latitante per 43 anni, vuol dire essere messo sotto controllo e ne sono stato consapevole. Se lo Stato funzionava in maniera diversa prima, io forse non mi facevo 16 anni di latitanza”.

Con una buona dialttica, Provenzano parla anche dei collaboratori di giustiza, uno dei mezzi con cui si sta attuando la revisione dei processi: “E’ una anomalia tutta italiana. Ma stiamo parlando in ogni caso di uomini e possono dare anche delle indicazioni sbagliate. In ogni cosa in cui c’è l’uomo c’è la possibilità dello sbaglio. Preferisco sempre parlare di verità processuale”. Parla anche di Falcone e Borsellino, definendoli “due vittime immolate sull’altare della patria, due vittima della violenza” e senza usare la parola mafia, Provenzano dichiara che ogni tipo di violenza gli dà fastidio.

“Noi chiediamo che mio padre venga curato. Se mio padre – continua il figlio di Provenzano – pagando quello che, meritato, immeritato, giusto o sbagliato, non tocca a me dirlo perché sono il figlio, diventa incapace di intendere e di volere, e quindi incapace di poter scontare la pena, perché per tante altre persone è possibile che ciò avvenga? Semplicemente perché lui si chiama Provenzano”. “La dignità umana – continua – la possiamo rispettare o no? La mia domanda è questa”. E conclude il suo intervento dicendo: “Se mio padre è quello che è e ci sono delle verità processuali che lo affermano, e ora è arrestato, c’è un posto vacante. Chi si sente di far parte di uno stato che non applica i diritti, può prendere posto su quella poltrona”.

Augusto D’Amante

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