POTENZA, 24 Febbraio – Antonio Lamorte, Giovanni Barozzino e Marco Pignatelli, i tre operai Fiat dello stabilimento San Nicola di Melfi licenziati lo scorso luglio a seguito di uno sciopero con manifestazione interna, sono stati reintegrati nel loro posto di lavoro. A deciderlo è stata la Corte di Appello di Potenza, che ha accolto il ricorso della Fiom e ha ravvisato la condotta antisindacale dell’azienda.
Dopo un mese dal licenziamento, il giudice del lavorò ordinò il reintegro dei tre operai in quanto la condotta della Fiat risultava antisindacale. Questa sentenza, però, fu completamente ribaltata da quella di un altro giudice che accolse il ricorso dell’azienda torinese e i tre operai furono licenziati. “Non abbiamo mai voluto le prime pagine dei giornali e, – commentano i tre operai – sinceramente, ne avremmo fatto a meno. Ora vogliamo solo ritornare alla normalità”. La Fiat ha deciso che ricorrerà in Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello di Melfi, sulla quale non vuole fare commenti. Per l’azienda sono “inaccettabili” i comportamenti come quelli dei tre operai e si è detta disposta a proseguire “le azioni per impedire che simili condotte si ripetano”.
Il mondo politico commenta la sentenza della corte del capoluogo lucano. Il primo è Nichi Vendola, che sul suo profilo Twitter, afferma: “Anche alla Fiat di Melfi è stato riconosciuto che il lavoro ha la sua diginità”. “Nella fabbrica ha vinto la giustizia”, commenta Oliviero Diliberto (Federazione della Sinistra), mentre più duri sono i commenti di Antonio Di Pietro e Maurizio Zipponi dell’Idv: “Ci piacerebbe sapere se il ministro del Welfare, Fornero, sia informata dei fatti e se intende agire di conseguenza per riportare il rispetto della legge italiana anche dentro le aziende Fiat”.
Nel frattempo la Fiom, che ha difeso attraverso il suo legale, Franco Focareta, i tre operai, fa sapere che presenterà in venti tribunali italiani “le cause per chiedere che la Fiat sia dichiarata antisindacale, perché non sta riconoscendo i rappresentanti della Fiom”.
Augusto D’Amante