TORINO, 11 Febbraio – Un norma esistente già dal 2004, sancita da una direttiva dell’Unione europea. Indovinate? In Italia non è mai arrivata. La Corte d’appello di Torino ha condannato la presidenza del Consiglio dei Ministri, a risarcire con un indennizzo pari a 50mila euro, una ragazza romena vittima nel 2005, di una violenza sessuale da parte di due connazionali, ora latitanti. I due maniaci sono stati condannati in primo e secondo grado di giudizio a dieci anni e mezzo di domiciliari (eh si, in Italia i reati più gravi vengono puniti con i domiciliari), riuscendo a scappare senza lasciare alcuna traccia. Se l’imputato o gli imputati sono nullatenenti o come in questo caso, fuggiti, o ancora incapaci di intendere, lo Stato deve provvedere al risarcimento della vittima o delle vittime.
Gli avvocati della ragazza vittima dello stupro, Marco Bona, Francesco Bracciani e Stefano Commodo, avevano promosso un’azione civile nei confronti dello Stato, visto l’impossibilità per la ragazza, di ricevere alcun risarcimento, come se bastassero soldi e non un iter punitivo migliore. La sentenza del 9 febbraio pronunciata dalla Corte d’appello di Torino, ha confermato la scorsa sentenza promulgata nel 2010 che riconobbe la mancata attuazione da parte dell’Italia della direttiva europea del 2004.
Uno degli avvocati della vittima, Marco Bona, rivolgendosi al presidente del Consiglio Mario Monti, ha richiesto un’assoluta inderogabilità della stessa legge. Siamo parte dell’Europa, ancora per lo meno.
Valeria Racano