ROMA, 3 Febbraio – Ancora una volta una pronuncia della Suprema Corte che fa discutere, poiché tocca uno dei reati più spregevoli e vigliacchi: lo stupro di gruppo.
Si tratta della sentenza n. 4377/2012 – depositata il primo febbraio scorso – con cui la Terza sezione penale della Cassazione ha annullato l’ordinanza del Tribunale di Roma, quale giudice del riesame, che a sua volta confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di due giovani per l’ipotesi di presunto stupro di gruppo in danno di una minorenne.
Con la pronuncia in oggetto si stabilisce la non obbligatorietà della custodia cautelare in carcere – ovvero una delle misure cautelari che il giudice può disporre in attesa della celebrazione del processo, qualora ricorrano determinati presupposti – nemmeno nell’ipotesi in cui il reato per il quale si esercita l’azione penale sia quello di cui all’art. 609-octies cp, cioè la violenza sessuale di gruppo.
È necessario fare un passo indietro al 2009, quando il Parlamento aveva previsto, con la legge n. 38, l’applicazione di misure cautelari più severe per i reati ad alto allarme sociale e, tra queste, l’obbligo per il giudice di disporre, in via cautelare appunto, la custodia in carcere nei casi di violenza sessuale e di atti sessuali con minorenni. Successivamente, è intervenuta la Corte costituzionale (sent. 265/2010), che ha dichiarato illegittima la norma predetta, perché in contrasto con i principi costituzionali di uguaglianza (art. 3), libertà personale (art. 13) e funzione rieducativa della pena (art. 27).
In ossequio alla pronuncia della Consulta, dunque, i Giudici di p.zza Cavour hanno escluso l’obbligatorietà della custodia cautelare in carcere, il suo automatismo a prescindere da ogni valutazione del magistrato procedente; ciò significa che dovrà essere quest’ultimo a dover valutare, di volta in volta, se nella fase antecedente al processo ricorrano i presupposti per la custodia in carcere o se, “in relazione alla situazione concreta”, sia possibile applicare delle misure cautelari alternative, implicanti un “minore sacrificio”.
La pronuncia ha suscitato polemiche da più parti. Barbara Pollastrini del Pd ha parlato di una sentenza “lacerante”; “le aggravanti per i reati di violenza sessuale furono introdotte proprio per evitare lo scempio della condanna senza un giorno di carcere per chi commette un reato grave come questo”, ha dichiarato l’ex ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna, per la quale si tratta di una ”sentenza impossibile da condividere, contro le donne, che manda un messaggio sbagliato”; per Alessandra Mussolini “è aberrante applicare misure alternative al carcere per lo stupro di gruppo. La Cassazione ha lanciato una bomba ad orologeria pronta ad esplodere e a depotenziare tale grave reato. Una donna che vede negato il carcere per i suoi carnefici subisce una seconda violenza”. Parole di disapprovazione sono state espresse anche dall’associazione “Telefono Rosa: ” Un ennesimo passo indietro dove a rimetterci è la parte più debole ossia le donne vittime di violenza”.
Comunque, ci si augura che non si verifichi quello che teme la deputata del Pd Donata Lenzi, cioè che la sentenza “sarà un’ulteriore spinta al silenzio per le donne che subiscono violenza”.
Tiziano Giuseppe Raucci
Fonte Immagine: ceredaclaudio.it