TERAMO, 24 Gennaio – L’ultima relazione dei Ris allegata alla richiesta di giudizio immediato per Salvatore Parolisi, unico accusato dell’omicidio della moglie Melania Rea, non trova d’accordo accusa e difesa.
Per la Procura di Teramo, infatti, anche se le tracce trovate non possono essere considerate decisive sarebbero un’ulteriore conferma che a compiere l’omicidio sia stato il caporalmaggiore. Questo perché secondo quanto emerge dalla relazione dei Ris è da escludere una mano assassina diversa da quella di Salvatore Parolisi che invece ha lasciato dei segni, anche se non decisivi. È stato ritrovato, ad esempio, un capello nel reggiseno di Melania e dalle analisi del dna risulta essere di Parolisi.
Di parere opposto il consulente della difesa Emiliano Giardina. Secondo lui quel capello non può essere tecnicamente attribuito solo al suo assistito e rilancia. Chiede perché non siano stati analizzate le tracce rinvenute sul giubbotto di pelle di Melania, dove sono state rinvenute particelle di soggetti ignoti, e le unghie dove sono stati rilevati frammenti di Dna maschili e femminili estranei. Giardina continua sostenendo che tracce di sangue della vittima non sono state trovate né nell’auto di Parolisi né a casa e che anche il confronto tra l’orma ritrovata sul luogo dell’omicidio non ha prodotto alcun risultato. Il confronto con le scarpe del caporalmaggiore ha rivelato che l’orma non era stata lasciata da una della sue scarpe. A questa affermazione i magistrati hanno replicato che il fatto che non ci sia stato un riscontro non significa che Parolisi sia estraneo all’omicidio perché avrebbe potuto disfarsi delle sue scarpe.
Secondo l’accusa tre elementi inchioderebbero Parolisi. La presenza di entrambi a Ripe di Civitella rilevata dalle celle telefoniche, il dna del caporalmaggiore trovato nella bocca di Melania e le menzogne di Parolisi sugli spostamenti della moglie.
Mariella Laurenza