ROMA, 18 Gennaio – Il tono di voce energico, fermo, indignato. Un misto di rabbia ed incredulità che prorompe nell’esclamazione “Vada a bordo!”, ordine intimato più volte e rimasto purtroppo inascoltato perché dall’altro capo del telefono c’è un comandante vile, spaesato, in preda all’imbarazzo, intento ad accampare una serie di scuse banali per evitare di compiere quello che è un suo dovere ineludibile: tornare a bordo e fare tutto il possibile per mettere in salvo i passeggeri. Questo è il comportamento che ci si aspetterebbe da un comandante durante i momenti drammatici di un naufragio. O per meglio dire, ci si aspetterebbe che rimanesse a bordo fino alla fine, e non che fosse il primo ad abbandonare la nave. Lo sa bene il capitano Gregorio De Falco, 46 anni, originario di Napoli, che in quella notte terribile ha diretto le operazioni di salvataggio dalla sala operativa della Capitaneria di porto di Livorno.
La telefonata tra lui e il comandante della Costa Concordia, Francesco Schettino, è ormai nota a tutti ed è la prova che esistono due modi diversi di affrontare la stessa tragedia. C’è chi pensa solo a se stesso e fugge alla prima difficoltà, ma anche chi rimane al suo posto e si rimbocca le maniche per salvare delle vite umane. Due facce diverse della stessa nazione, anzi della stessa regione visto che, per ironia della sorte, anche Schettino è campano, precisamente di Sorrento.
Proprio per quest’ultimo si attendeva ieri la convalida del fermo e invece, a sorpresa, il Gip del Tribunale di Grosseto ha disposto la scarcerazione immediata di Schettino con l’obbligo dei domiciliari. Immediato lo sdegno dei familiari delle vittime per un provvedimento definito inspiegabile dallo stesso procuratore capo, Francesco Verusio. Ma l’ondata di indignazione è proseguita sui social network, dove da ieri piovono insulti e commenti di ogni genere sull’ex comandante.
Intanto, sul web De Falco è già diventato un eroe e il suo ormai celebre urlo di rabbia impazza su Facebook e Twitter, come l’urlo del riscatto dell’intero Paese. Ma il capitano, che non dorme da quattro giorni perché non si dà pace per le vittime, ci tiene a non essere definito eroe. “La mia vocazione – ha spiegato – è il soccorso e non sono soddisfatto se non porto tutti a casa. Purtroppo ci sono stati dei morti. Abbiamo fatto solo il nostro dovere, cioè portare a regime il soccorso.” A ribadire il concetto ci pensa Raffaella, sua moglie. “La cosa preoccupante è che persone come mio marito, persone che fanno semplicemente il proprio dovere ogni giorno, diventino subito in questo Paese idoli, personaggi, eroi. Non è per niente normale”. Hanno perfettamente ragione. In una circostanza terribile come quella di un naufragio, ma anche in situazioni meno drammatiche, un comportamento come quello di De Falco dovrebbe essere la regola, e non l’eccezione.
Francesca Garreffa
Fonte Immagine: gqitalia.it