ROMA, 21 LUGLIO – Sale la tensione tra Washington e Teheran nelle acque del Golfo Persico. Ieri più della metà dei 290 deputati che compongono il Majlis (il parlamento iraniano) hanno approvato un disegno di legge che dispone la chiusura dello Stretto di Hormuz, crocevia strategico da cui transita circa il 20% delle esportazioni mondiali di greggio. Non è la prima volta che Teheran minaccia il blocco dello Stretto in risposta all’embargo imposto da Unione europea e Stati Uniti. “I paesi che aderiscono a questo embargo illegale contro di noi – ha dichiarato il parlamentare iraniano Karim Qodussi all’agenzia di Stato Irna – non hanno il diritto di passare per lo Stretto di Hormuz, e alle loro petroliere dovrebbe quindi essere negato l’accesso finché le sanzioni non verranno rimosse”. Ma il voto del parlamento iraniano ha in realtà un valore simbolico e potrà essere tradotto in pratica soltanto se confermato da un’eventuale decisione in tal senso della Guida Suprema Ali Khamenei, cui spetta l’ultima parola in materia di politica estera. Ed è una mossa che, stando all’opinione di diversi analisti, la Guida Suprema si guarda bene dal compiere perché la chiusura dello Stretto potrebbe rappresentare il casus belli per un inevitabile scontro con gli Stati Uniti nelle acque del Golfo Persico. Vi è inoltre una regione economica non indifferente visto che lo stretto è attraversato dalle petroliere iraniane oltre che da quelle occidentali, e dal commercio di greggio dipende oltre l’80% delle entrate della Repubblica islamica.
I rapporti tra Washington e Teheran si fanno comunque ogni giorno più tesi. Il Paese degli ayatollah, a detta di alcuni funzionari statunitensi, starebbe preparando un piano per interrompere i traffici commerciali di greggio nel Golfo Persico, attraverso attacchi alle piattaforme petrolifere e alle navi da trasporto. Secondo quanto riferito da alcuni ufficiali americani al Wall Street Journal, le intenzioni dell’Iran sarebbero evidenti, anche se non esiste al momento alcun segnale preciso che la Repubblica islamica si stia muovendo in questo senso. “L’Iran è imprevedibile – ha spiegato un funzionario della Difesa Usa al Wsj – Noi siamo stati molto chiari su quali azioni verranno considerate inaccettabili.” L’intelligence statunitense ritiene che i piani dei Teheran di destabilizzare il commercio petrolifero nel Golfo siano da ricondursi alle recenti sanzioni imposte dalle potenze occidentali contro il programma nucleare iraniano. Sanzioni che insieme alla diminuzione del prezzo del greggio – sceso sotto i 100 dollari a barile – stanno di fatto bloccando le esportazioni di petrolio di Teheran. “L’Iran è in una brutta situazione a seguito delle sanzioni”, ha dichiarato Frank Verrastro, direttore del Center for Strategic and International Studies. Questo potrebbe portare la Repubblica islamica a rivedere la sua posizione in conseguenza delle pressioni occidentali oppure, al contrario, a spingerla ancora di più nella direzione di uno scontro diretto con il suo tradizionale avversario.
Proprio in previsione di un’eventualità simile, gli Stati Uniti hanno recentemente rafforzato la propria presenza nel Golfo, raddoppiando il numero di portaerei, elicotteri anti-mine e droni sottomarini. È previsto anche l’avvio di un’esercitazione navale nel Golfo Persico, cui dovrebbero prendere parte oltre agli Stati Uniti, altri 20 Paesi alleati, che ancora non sono stati resi noti. Il portavoce del Pentagono, George Little ha riferito che la simulazione si terrà tra il 16 e il 27 settembre e che si tratta di una misura necessaria per “preservare la libertà di navigazione nelle acque internazionali nel Medio Oriente”.
Francesca Garreffa