TOKYO, 6 Maggio – Finalmente è stato spento l’ultimo reattore nucleare rimasto attivo in Giappone. La Hokkaido Electric Power, utility dell’isola a nord di Hokkaido, ha disattivato per i controlli di manutenzione ordinaria l’unità 3 della struttura di Tomari, l’ultima attiva tra le 54 disseminate nell’arcipelago. La procedura è partita alle 17:00 (le 10.00 in Italia) e si è conclusa col blocco totale alle 23:00 ore locali (le 18 in Italia).
In questa giornata storica più di 5mila persone hanno manifestato perché si arrivi “subito a un addio definitivo” all’energia nucleare. A Tokyo un lungo corteo ha attraversato le parti centrali della città, intonando slogan quali “Sayonara genpatsu” (“addio alle centrali nucleari!”) e “Mai più Fukushima” sfilando davanti le sedi dei ministeri e il quartier generale della Tepco, gestore della centrale di Fukushima.
Dopo il disastro nucleare di Fukushima dell’11 marzo 2011, la peggiore emergenza dopo Cernobyl, sono emersi forti dubbi sulla sicurezza degli impianti finora considerata come una certezza. La manutenzione ordinaria, obbligatoria ogni 13 mes, dovrebbe durare circa 70 giorni, al termine dei quali l’operatore dovrebbe far ripartire l’impianto. Ma questa ipotesi resta molto incerta. Per il momento nessuno dei reattori fermati per gli stress test obbligatori sono stati riattivati, grazie anche alle forti resistenze delle comunità locali.
Il processo amministrativo di riavvio degli impianti, oltre al via libera dell’authority sulla sicurezza nucleare, prevede che ci sia il consenso espresso di enti locali che ospitano gli impianti. Finora comuni e prefetture non hanno dato la loro approvazione, neanche in quelle zone a forte vocazione nucleare come la prefettura di Fukui, il “cuore atomico” del Giappone, che con 14 reattori su una superficie simile a quella della città di Roma, era l’area più nuclearizzata al mondo.
Il Giappone contava sul nucleare per un terzo della produzione totale di energia, per la prima volta dopo 42 anni non potrà più attingere al nucleare per soddisfare i consumi di energia elettrica del Paese. Alcuni rappresentanti del governo temono il black-out per mancanza di fornitura elettrica durante l’estate e dell’aumento delle emissioni a causa dell’uso di gas e petrolio cui si dovrà tornare. Ma il movimento di opposizione alle centrali nucleari acquista sempre maggior vigore, la folla radunatasi per manifestare non è affatto preoccupata degli allarmi del governo ma è unita contro il nucleare che non ama e non vuole più.
Se, come afferma Ban Ki-moon, Segretario Generale Onu “dobbiamo considerare la questione della sicurezza del nucleare civile con la stessa serietà che riserviamo al problema delle armi nucleari”, preziose e illuminanti sono le parole di Daisaku Ikeda, filosofo e leader buddista della Soka Gakkai Internazionale, nella proposta di pace 2012 Sicurezza umana e sostenibilità: condividere un profondo rispetto per la dignità della vita: “..Per più di trent’anni ho espresso enormi preoccupazioni per le imponderabili implicazioni di un grave incidente in una centrale nucleare. Le conseguenze negative che derivano anche dal funzionamento normale e senza incidenti di questi impianti, in termini di necessità di smaltimento delle scorie radioattive, potrebbero durare centinaia e anche migliaia di anni. A tutt’oggi non è ancora stata trovata una soluzione efficace al problema dello stoccaggio di tali prodotti di scarto altamente radioattivi…Auspico vivamente un rapido passaggio a una politica energetica non più basata sull’energia nucleare. Il Giappone dovrebbe collaborare con gli altri paesi che sono già all’avanguardia nell’introduzione di fonti di energia rinnovabili, e intraprendere progetti di sviluppo congiunti per realizzare riduzioni sostanziali dei costi di tali tecnologie” (Buddismo e Società 152, www.sgi-italia.org )
Marzia Fanciulli