ROMA, 2 Marzo – A partire dal 1 marzo, tutti gli olandesi che vogliono porre fine alla loro vita, possono avanzare questa richiesta alla “Levenseindekliniek”, letteralmente “clinica di fine vita”, un nuovo servizio offerto in Olanda. Sei team di infermieri e medici viaggeranno per tutto il paese per praticare l’eutanasia a quei pazienti costretti ad una “sofferenza insopportabile e senza speranza”. Il servizio risulta essere completamente gratuito e si stimano un migliaio di richieste all’anno.
Petra de Jong, direttrice del NVVE, l’Associazione per una Morte Volontaria, specifica che la clinica è stata creata per le malattie terminali, per pazienti psichiatrici cronici e persone con demenza in fase iniziale. Nonostante il servizio sia gratuito, le richieste dei pazienti subiscono un rigido controllo: “I medici – spiega la direttrice – devono, infatti, giudicare l’assoluta volontarietà del desideri di morte e se sussistono effettivamente gravi, insopportabili e non evitabili sofferenze fisiche”. Ad esprimere il suo benestare all’iniziativa è il ministro della Salute, Edith Schippers, anche se ha dichiarato di preferire alle cliniche a domicilio, l’opzione del medico di famiglia. Ogni anno in Olanda 2300 persone scelgono di morire con l’eutanasia, e il cancro risulta essere la causa principale di coloro che decidono di ricorrere alla morte volontaria. La clinica è nata per venire incontro a quei pazienti impossibilitati a muoversi.
L’iniziativa ha portato con sé una serie di polemiche. La principale è quella dell’Associazione Nazionale dei Medici, la KNMG. L’associazione ha reso note la sue perplessità nei riguardi dell’eutanasia a domicilio, dichiarando che con questo servizio “i medici non possono avere il tempo di instaurare una relazione sufficientemente profonda con i loro pazienti in modo da valutare con equilibrio le loro richieste di eutanasia”. Nei Paesi Bassi, l’eutanasia è considerata reato, ma dall’aprile del 2002 lo Stato è stato il primo al mondo a varare una legge dedicata all’argomento. I medici devono attenersi ad una procedura molto severa se non vogliono andare contro la legge: la “dolce morte”, infatti, è consentita solo su volontaria richiesta, con una scelta assolutamente convinta e razionalizzata dal paziente e, soprattutto, quando la malattia di cui soffre il richiedente non consente di avere speranze di cura. Inoltre è necessaria la presenza di un secondo medico che faccia un consulto più approfondito. Successivamente sarà una commissione composta da un medico, un giurista e un esperto di etica a valutare il caso specifico.
Augusto D’Amante